Rovigo e il Polesine

Il Rugby Rovigo Delta è tornato

Breve storia del Rovigo Rugby (Veneto): fondzione, rivalità accese, tifoseria, grandi giocatori del passato...

Il ritorno ai vertici è stato lungo e faticoso; alla fine però il pallone ovale rodigino si è di nuovo tinto di tricolore due anni fa, quando il Rugby Rovigo Delta ha messo in bacheca il dodicesimo titolo nazionale. Sì, lo sport a Rovigo è incarnato dalla palla ovale, da sempre, dalla metà dell'altro secolo. Come l'Inter nel calcio, i rossoblù di Rovigo non sono mai scesi nella serie cadetta, onta che praticamente tutte le altre squadre sono costrette ad ammettere. La storia parla di uno studente, tale Davide Lanzoni, che si avventurò in un campo con la palla ovale di cuoio insieme ai propri amici: quelle furono le prime mosse dello sport. Studiava medicina, sarebbe diventato medico qualche anno, dopo rimanendo nella passione dello sport e rimanendo nella mente di tutti. Ma Lanzoni aveva seminato un terreno davvero fecondo: chissà, forse la gente del Delta, forte e senza tanti grilli, era fatta apposta per questo sport duro e scorbutico, nel qualche durante la gara uno se le può dare di santa ragione con l'avversario per mettere tutto a tacere al fischio finale, per quello che viene chiamato il "terzo tempo”? Chissà! Fatto sta che il rugby italiano decollò proprio in quella parte di Veneto, arrivando sino a Padova, con il Petrarca. Quello è il vero derby d'Italia del rugby, con stadi pieni, con ricordi tramandati negli anni. Quella è la vera partita della stagione, anche se la rivalità si estende ai corregionali di Treviso. Meno con Milano, con l'Amatori, che rimane la squadra più titolata e che viene considerata quella più aiutata dagli arbitri. Ora il Rugby Rovigo Deta gioca allo stadio "Mario Battaglini", impianto dedicato allo storico pilone che ha fatto le fortune del Rovigo e al quale è stato anche perdonato il passaggio al Petrarca Padova, al quale è stato perdonato l'aver conteso anche uno scudetto.

Il rugby non fa sconti e vuole un impegno totale e se dopo la conquista dell'undicesimo scudetto la passione in città s'era allentata, ecco che insieme a essa era sparito anche il tifo organizzato, che poi è risorto quasi per caso, o forse no, improvvisamente rimettendo in "fila" per quattrocento supporter pronti a trasferte, alla pioggia e al fango, solo per incitare i campioni. La fucina rodigina è lunghissima: le colonne delle nazionali, di tutte le nazionali italiane, hanno indossato le maglie rosso azzurre: i fratelli Bergamasco, i fratelli Bettarello, Lo Cicero, Matteo Mazzantini e centinaia di altri, tutti che hanno ancora nel cuore una piccola, o grande, striscia rossoblù.

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